Intervento di Caracol Olol Jackson di Vicenza

Caracol Olol Jackson di Vicenza
28.03.2021

La nostra esperienza, che è un'esperienza di mutualismo ribelle nella città di Vicenza, trae la sua origine all'incirca tra la fine del 2017 e l’inizio del 2018, ossia in un periodo in cui non c'era ancora la pandemia. E quando all'epoca decidemmo che uno dei nostri sogni era quello di creare un ambulatorio popolare all'interno del Caracol, questa idea nasceva da una considerazione: cioè avevamo visto i dati che in Veneto, una delle regioni che nell'immaginario generale ha una sanità avanzata, la sanità pubblica funziona alla perfezione e siamo comunque una delle regioni più benestanti dell'Italia, i dati ci dicevano che nel 2016 quasi 750.000 abitanti del Veneto (quindi circa il 15% della popolazione della nostra regione) rinunciava a curarsi principalmente per motivi economici. Quindi siamo partiti da questo dato, da questa situazione nel cominciare a costruire l'idea di un ambulatorio.

Lo abbiamo fatto coinvolgendo diverse specificità, competenze: all'inizio c'era poco personale medico e socio sanitario in questa discussione, poi piano piano abbiamo creato un intreccio virtuoso tra attivisti e personale socio sanitario e da lì siamo partiti con la creazione dell'ambulatorio che è stato ufficialmente inaugurato a novembre del 2020, quindi all'interno della pandemia.

Un ambulatorio che vede servizi di medicina generale, un ambulatorio dentistico, uno oculistico, un servizio di psicologia di base e altri servizi legati all'ambito psicologico, pediatrico, ginecologico. É un servizio che è rivolto sia a chi non è iscritto al servizio sanitario nazionale e sia anche a chi è iscritto al servizio sanitario nazionale ma si trova in difficoltà economica.

Ora volevo fare alcune considerazioni: abbiamo capito, nel corso di questo percorso iniziato nel 2018, che l'intervento sulla salute per costruirne un nuovo concetto, non si esauriva solo all'interno dell'ambulatorio, ma è tutto il progetto del Caracol nelle sue sfaccettature che costruisce un percorso di estensione del diritto alla salute di tutti e tutte. Lo fa per esempio attraverso il mercato dei produttori locali che abbiamo mensilmente, attraverso la scuola di italiano e la scuola popolare che abbiamo al nostro interno. Abbiamo sostanzialmente capito, come si diceva più volte durante la giornata, che per costruire più salute nel nostro territorio e nella nostra città bisognava agire su tutti i determinanti sociali economici e ambientali che vanno ad incidere sulle disuguaglianze in salute.

Ad esempio installare la centralina per rilevare lo stato di inquinamento dell'aria sullo spazio del Caracol è un elemento per aprire un ragionamento poi in città e in quartiere sul fatto che noi viviamo in una città che è quarta in Europa per mortalità da patologie causate dallo smog.

Questo quindi ci ha permesso di aprire da un lato un ragionamento più ampio e dall'altro, quando con la pandemia a dicembre abbiamo visto che nella nostra regione i dati sui contagi e sulle morti legati al covid stavano schizzando in modo altissimo, quasi incontrollabile (nonostante ogni giorno Zaia nelle sue conferenze stampa quotidiane raccontava invece che in Veneto stava andando tutto benissimo e che la sanità veneta stava rispondendo alla grande alla situazione del covid) abbiamo capito che era necessario uscire dalle quattro mura del Caracol, dall’ambulatorio, e invece costruire percorsi di mobilitazione nella nostra città sul diritto alla salute.

Da lì abbiamo cominciato una campagna con manifestazioni e iniziative pubbliche per aprire un ragionamento sul fatto che dobbiamo creare una salute di comunità diffusa capillarmente nel territorio. Secondo noi uno degli aspetti fondamentali per la costruzione nei nostri quartieri, nelle nostre città, nei nostri comuni di un nuovo concetto di salute é quello di battersi per costruire delle case della salute, chiamiamole come vogliamo, troviamo nomi nuovi, dove all'interno ci siano soggetti diversi con competenze diverse che costruiscono un intreccio virtuoso per allargare la salute nel territorio.

Credo che ad esempio in questi luoghi ci dovrebbero essere dai collettivi studenteschi al mondo della scuola che si intreccia anche con gruppi e collettivi femministi, transfemministi ma anche urbanisti, soggetti di esperienze di mutualismo dal basso, che tutti assieme costruiscano quotidianamente un concetto di salute. In questo specifico momento costruire salute significa anche costruire mobilitazioni nel nostro territorio che superino la logica del brevetto e del profitto legato ai vaccini e quindi allo strapotere di bigpharma.

Chiudo dicendo che secondo me un altro pezzo fondamentale nella costruzione di più salute nei territori sia quello di allargare l'accesso al diritto allo sport per tutti e tutte: il Coni ha fatto uno studio nel 2012 dove dice che se diminuisse dell’1% la popolazione sedentaria in Italia, questo genererebbe un risparmio di circa 80 milioni all'anno della spesa pubblica del sistema sanitario. Quindi credo che ripensare gli spazi urbani destinandoli ad attività sportive all'aperto, accessibili e libere, quindi anche al di fuori di dinamiche di prezzi sempre più alti per praticare l'attività sportiva, coinvolgere queste case della salute con anche l’associazionismo sportivo di base, le esperienze delle palestre o delle polisportive popolari, siano sicuramente un altro tassello essenziale, perché chiaramente contrastare la sedentarietà significa agire in un'ottica di prevenzione ed è uno degli aspetti centrali che era emerso anche nella prima sessione di oggi di ridare centralità alla prevenzione per costruire un nuovo concetto di salute.
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