Intervento di Siria di Non Sta Andando Tutto Bene Brescia

Non Sta Andando Tutto Bene Brescia
28.03.2021

Vorrei portare l'esperienza della rete Non sta andando tutto bene di Brescia. Non siamo né un gruppo né un'associazione. Siamo una rete appunto dove sono confluiti persone e soggetti politici provenienti da esperienze estremamente diverse. Abbiamo cominciato a lavorare insieme a giugno alla fine della prima clausura, sotto la promozione della sede del Magazzino 47 e grazie anche al lavoro di informazione che durante tutta la clausura e anche successivamente ha fatto a Brescia Radio Onda D'Urto sul tema della pandemia.

La prima iniziativa importante è stata l'assemblea in piazza il 27 di giugno, un'assemblea molto partecipata dove sono emersi subito i temi principali che poi hanno accompagnato l'azione della rete che si è sviluppata sempre su un doppio terreno: uno, quello della denuncia e della mobilitazione con moltissimi presidi davanti agli ospedali o nelle piazze e alternandoli a dei momenti di approfondimento e di studio per capire meglio quello che stava succedendo, perché Brescia così come la Lombardia è stato il focolaio di questa pandemia, focolaio naturale per le caratteristiche del territorio estremamente antropizzato del triangolo Milano-Brescia-Bergaml, dove gli intensi scambi, le intense attività produttive sono state causa del focolaio.

Vi ricordo che nelle aziende bresciane anche durante la prima clausura (quella che tutti credono fosse estremamente dura) più della metà delle aziende hanno continuato a produrre e questo ha dato il focolaio, ma quello che ha caratterizzato l'esperienza lombarda e che tuttora continua a caratterizzare la situazione in Lombardia e a Brescia in modo particolare è stata proprio l'incapacità del sistema sanitario a gestire la pandemia anche con quelle misure di sanità pubblica conosciute da sempre.

Qui devo fare un brevissimo accenno per aggiungere qualcosa alle analisi che sono state fatte e che sono l'esperienza comune della distruzione del servizio sanitario nazionale, perché in Lombardia oltre alla trasformazione ospedalo-centrica del sistema si è aggiunto un qualcosa di più: l’impronta formigoniana che ha portato alla parificazione del pubblico col privato, con una presunta competizione a carte truccate, per arrivare a quello che è il nostro obiettivo ora, quello della cancellazione della legge 23, la cosiddetta riforma Maroni.

Un piccolo appunto per capire perché fuori dalla Lombardia non si capisce che cosa è successo dentro questo sistema, per cui la riforma Maroni ha praticamente creato due strutture parallele, ovvero le agenzie per la tutela della salute del territorio e le aziende sociosanitarie territoriali; le prime con la funzione della governance e le seconde con la funzione dell'erogazione dei servizi. Detto in soldoni, i primi pensano e gli altri fanno.

Capite bene che un sistema di questo tipo non poteva funzionare, era un'idea bizzarra in tempi normali, dentro una pandemia si è rivelato un vero e proprio disastro, per cui l'obiettivo ora è quello di cancellare la legge 23, la riforma Maroni. L'altro obiettivo tra i tanti che ci siamo posti è quello della garanzia della cura, dove per cura noi intendiamo la prevenzione negli ambienti di vita e di lavoro, l'accessibilità alle cure per tutte per tutti e la riabilitazione.

Vorrei ricordare che la salute mentale è stata tra i settori più abbandonati. Tuttora in Lombardia i servizi di salute mentale non stanno funzionando e la pandemia è cominciata da un anno e quel poco che viene fatto è la somministrazione di farmaci, laddove non basta dispensare farmaci per curare le anime. L'altro tema è quello della salute di genere, e uso il termine "genere" perché dobbiamo parlare di salute di genere in tutte le sue sfaccettature, nella sua definizione di carattere sociale.

Dedico l'ultimo punto al tema che più conosco e che più mi appartiene: la sicurezza sul lavoro, sia dei lavoratori della sanità che di tutti gli altri lavoratori. Vorrei parlare di questo tema con uno slogan, un principio: "la salute e la sicurezza sul lavoro salva la vita”, non l'ho inventato io, è l'input che è venuto dalla agenzia internazionale del lavoro proprio per gestire la pandemia.

Al 28 febbraio, ultimi dati di INAIL, in regione Lombardia dall'inizio della pandemia abbiamo avuto 41.533 casi di infortunio sul lavoro da covid, di cui 169 mortali. Il 70% di queste malattie da covid sono nell'ambito della sanità, dove se potevamo trovare una qualche vaga giustificazione nei primi mesi, quando mancavano anche i dispositivi di protezione individuale, questa condizione invece ha continuato e continua tuttora laddove ci sono nei nostri ospedali deficit strutturali, dove manca la separazione dei percorsi sporchi e puliti, dove non ci sono adeguati spazi per la vestizione, dove mancano quelli che sono i principi della prevenzione nei luoghi di lavoro. Sempre in tema di prevenzione nei luoghi di lavoro nel settore manifatturiero siamo passati da un 0,8% di casi a un 7% di casi fra tutti gli infortuni covid a febbraio 2020.
Non sta andando tutto bene, quindi questo il nome della nostra rete.

Ora siamo arrivati a un momento importante che è quello di andare avanti in un percorso di elaborazione di obiettivi nelle direzioni che sono state già ampiamente discusse, partendo da un principio fondamentale: le disuguaglianze sociali sono il determinante di salute più importante e quindi nessun modello di sanità pubblica sarà adeguato se non terremo conto dell'obiettivo fondamentale che è quello di una conversione ecologica e sociale della nostra società.
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